Industria 5.0: la nuova era

Stiamo vivendo un momento di TRANSIZIONE. A seguito della crisi sociosanitaria che ha messo a dura prova le aziende di tutto il mondo, ma anche dell’urgenza di affrontare il problema dei cambiamenti climatici e ambientali, stiamo entrando in una nuova era, quella dell’Industria 5.0.

A segnalarlo è la Commissione Europea con il Policy Brief “Industry 5.0 – Towards a sustainable, human centric and resilient European industry” (2021). Il titolo dice già tutto: la nuova era sarà caratterizzata da istanze di sostenibilità, umanocentrismo e resilienza.

Il termine ha già suscitato alcune controversie da parte di chi non vede in questi valori una discontinuità rispetto a Industria 4.0. Ad esempio, Marco Taisch, professore di Sustainable Manufacturing e Operations Management del Politecnico di Milano, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Transizione 4.0 del Polimi, Scientific chairman della World Manufacturing Foundation, nonché uno dei membri dell’Advisory Board che contribuì alla nascita del Piano Industria 4.0 ha dichiarato che “Il termine Industria 4.0 nacque perché parlavamo di una nuova rivoluzione industriale. Le rivoluzioni industriali nascono nel momento in cui una serie di tecnologie arrivano a maturità e vengono adottate nel mondo dell’industria. Dire oggi che il semplice fatto – dico semplice anche se è importante – di considerare l’uomo al centro di un nuovo paradigma faccia nascere una nuova Rivoluzione Industriale lo ritengo un errore” (Canna & Crisantemi, gennaio 2023). Altro elemento a sfavore dell’adozione di questo termine, che rischia di creare confusione, soprattutto tra le imprese italiane che sono ancora ben lontane dal completare la loro transizione 4.0, è la sostanziale continuità tra le tecnologie individuate per lo sviluppo della Quinta Rivoluzione e quelle già proposte da Industria 4.0.

Una rivoluzione culturale

Leonardo Leani, Division Manager Robotics & Discrete Automation di ABB, definisce Industria 5.0 “più una rivoluzione culturale che industriale.” (Canna & Crisantemi, febbraio 2023).

Infatti, gli autori stessi del briefing specificano che “Industria 5.0 non dovrebbe essere intesa come una continuazione cronologica o un’alternativa al paradigma esistente di Industria 4.0. È il risultato di un esercizio lungimirante, un modo di inquadrare come l’industria europea e le tendenze e i bisogni emergenti della società coesisteranno. Come tale, Industria 5.0 integra ed estende le caratteristiche distintive di Industria 4.0.” (Canna & Crisantemi, febbraio 2023).

In questo senso, Industria 5.0 si presenta come la naturale continuazione dell’impegno alla digitalizzazione imposta da Industria 4.0, sottolineando la centralità del lavoratore, delle sue esigenze e del rispetto dei suoi diritti fondamentali, in questo processo. “[Il] passo successivo […] consiste nello sfruttare la collaborazione tra macchinari sempre più potenti e precisi e il potenziale creativo unico dell’essere umano” (Sassone, 2021). A ciò si affiancano la necessità di processi industriali sempre più sostenibili e adatti a rispondere a periodi di crisi e di fermo, come quello appena vissuto.

L’indirizzo europeo

La Commissione Europea, dunque, si è prefissata un obiettivo di sostenibilità delle azioni imprenditoriali, che comprenda tre dimensioni: sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale e sostenibilità economica.

Questo obiettivo si sposa, in primis, con il Green Deal per un Europa carbon-free entro il 2050, ma, mentre gli obiettivi di sostenibilità ambientale sono più semplici da immaginare – anche se non necessariamente da mettere in pratica – nuova linfa vitale viene data agli obiettivi sociali, ponendo una maggior attenzione sui bisogni del lavoratore e il suo ruolo all’interno del processo produttivo e dando indicazioni più dettagliate sul tema della diversity e inclusion.

Se le tecnologie individuate per la transizione 5.0 non determinano una vera e propria rivoluzione com’era stato, ad esempio, tra Industria 3.0 e 4.0, l’attenzione data a questi temi indica la strada verso un nuovo modo di intendere la produzione, il mondo del lavoro, la vita del cittadino-lavoratore.

In questo senso, a guidare gli investimenti delle imprese saranno sempre più fondamentali i criteri ESG (acronimo di Environmental, Social, and corporate Governance). Questo metodo, basato non solo su dati economici, ma anche etici, ha lo scopo di guidare le decisioni strategiche di un’impresa al fine di generare valore per gli stakeholders (dipendenti, clienti, fornitori e soci) e affonda le sue radici culturali nelle rivoluzioni sociali degli anni ’60.

L’importanza dei criteri ESG

Dal punto di vista socioculturale, i valori della sostenibilità – sempre intesa nelle sue tre accezioni ambientale, sociale ed economica – stanno assumendo un ruolo sempre più centrale in qualunque discussione economica, politica e sociale.

La pressione economica derivata dalla pandemia da Covid-19, contrariamente a quanto previsto, ha “accelerato la transizione [delle aziende] verso un capitalismo più inclusivo e propositivo nonostante l’impatto della pandemia globale” (Santeusanio, 2022) e la richiesta alle aziende di adattarsi a questa tendenza è sempre più pressante.

Da una parte, infatti, c’è una crescente consapevolezza ed assunzione di responsabilità degli investitori, soprattutto quelli di nuova generazione, che considera i fattori ESG come importanti, se non fondamentali; dall’altra c’è la pressione generata dall’interesse nel tema del pubblico e, di conseguenza, della politica e dei governi. Anche la capacità di un’azienda di attrarre e trattenere talenti, specialmente quelli di nuova generazione, è fortemente legata alla sua capacità di aderire ad un ideale di sostenibilità.

Questi principi contribuiscono nettamente all’immagine di un’azienda, dandogli una reputazione di affidabilità e di azienda dai solidi valori, attraendo investitori responsabili. A questi ideali si aggiunge anche la consapevolezza che il mercato stia andando nella direzione di un’obbligatorietà dei criteri ESG, i quali, sia per quanto riguarda i metodi di finanza e investimento tradizionali, che quelli alternativi (come bandi, finanziamenti a fondo perduto, ecc..) stanno già assumendo un valore concreto, ad esempio determinando il punteggio di un’azienda nella sua valutazione come finanziabile o meno.

Il nostro ruolo

Non vi è dubbio che quelli di Industria 5.0 siano obiettivi importanti e che, come evidenziato dal documento ufficiale dell’UE “Le industrie [debbano] adattarsi, evolversi e abbracciare la transizione verde e digitale per continuare ad essere competitivi e rimanere motori di prosperità” (Industry 5.0: Towards more sustainable, resilient and human-centric industry, 2021). Sostenibilità, umanocentrismo e resilienza sono tre esigenze effettive delle aziende e abbracciano un effettivo bisogno del mondo industriale. È anche vero però che il processo di digitalizzazione imposto da Industria 4.0 non è ancora stato abbracciato da tutte le realtà italiane, soprattutto dalla PMI, motore economico del Paese, e che non è ancora chiaro a tutti gli imprenditori quale sia il vantaggio economico di una policy aziendale più favorevole al lavoratore e che ne abbracci tutti i bisogni e i diritti.

È quindi necessaria una spinta verso questi cambiamenti.

Per fortuna la spinta c’è e si presenta in diverse opportunità.

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Oltre alla ricerca di bandi e agevolazioni fiscali, contributi e finanziamenti diretti, il recupero di liquidità per le aziende con i crediti d’Imposta per ricerca & sviluppo, per beni strumentali e per formazione 4.0, e il suo servizio dedicato alla formazione finanziata, Consulting Finanziaria CF è anche impegnata nell’efficientamento energetico e nel fotovoltaico con un reparto dedicato del nostro partner, così da fornire consulenza e project management di impianti sostenibili e sensibilmente vantaggiosi rispetto all’utilizzo industriale di risorse fossili inquinanti.

Consulting Finanziaria CF è ECA: Evoluzione della Consulenza Aziendale, un sostegno all’imprenditore che non vuole perdere le opportunità offerte dalla nuova TRANSIZIONE di Industria 5.0.

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